venerdì 27 dicembre 2019

Guggenheim, La collezione Tannhauser, da Van Ghog a Picasso

GUGGENHEIM, LA COLLEZIONE THANNHAUSER, 
da Van Ghog a Picasso
MILANO, Palazzo Reale
17 ottobre 2019 -1 marzo 2020

Per la prima volta in Italia, a Milano, vengono esposte nelle sale di Palazzo Reale le opere della collezione Thannhauser, provenienti dal Guggenheim Museum di New York.
Si tratta di cinquanta lavori di artisti impressionisti, post-impressionisti e delle avanguardie del Novecento, che coprono circa settantacinque anni di storia dell'arte (dalla seconda metà dell' 800, alla prima metà del '900), raccolti con passione dalla famiglia di galleresti tedeschi Thannhauser a partire dai primi anni del '900.
 I Thannauser (Heinrich prima, e suo figlio  Justin in seguito) furono galleristi intraprendenti e lungimiranti nella Germania di inizio secolo, attenti alla contemporaneità e promotori dell'arte moderna in Europa e in America.
Durante la seconda guerra mondiale Justin si trasferì a New York con la famiglia, e nel 1963 fece dono della collezione al museo Guggenheim, che potè godere di un lascito aggiuntivo negli anni '70 da parte della moglie Ilde.
La donazione nel suo insieme fu del tutto opportuna, in quanto andava a coprire un periodo, quello delle avanguardie europee, poco documentato nella collezione della nuova istituzione americana.
                 
                       - Storia della Collezione Thannauser -
La mostra a Palazzo Reale si apre con la storia delle famiglia Thannhauser e delle loro gallerie: Heinirich fu il primo ad aprire una galleria d'arte nel 1905 (inizialmente incentrata sugli artisti della Secessione di Monaco) e ad organizzare nel 1908 la prima retrospettiva dedicata a Van Ghog.
Ma è l'anno dopo che la 'Galleria Moderna' apre ufficialmente a Monaco, con circa 200 opere di artisti francesi e tedeschi.
Tra il 1909 e il 1913 vengono organizzate e ospitate le mostre avanguardistiche de la “Nuova Associazione degli artisti di Monaco”, de ''Il Cavaliere Azzurro' (gruppo quest'ultimo fondato da Vassilj Kandinsky assieme ad altri sodali, finalizzato alle ricerche verso l'astrazione, l'interiorità e i valori spirituali dell'arte), mentre è del '13 la prima importante mostra in Germania dedicata a Pablo Picasso.
Negli anni di gestione della Galleria di Monaco, Justin Tannhauser studia a Parigi, Firenze ecc, ed ha la possibilità di conoscere artisti e stringere rapporti, anche commerciali, con alcuni di essi.
Dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale e aver sposato la prima moglie, Justin apre con il cugino la succursale della galleria monacense a Lucerna.
Negli anni '20 viene organizzata l'importante mostra dedicata a Edgar Degas e il decennio si chiude con lo spostamento della Galleria Tannhauser a Berlino, dopo che Justin ne ha preso il pieno controllo a causa della malattia del padre. Nel '37, con l'avvento dell'antisemitismo nazista, i coniugi Tannhauser decidono di spostarsi a Parigi, ove trasferiscono la loro galleria, ma nel '40, a seguito dell'invasione delle truppe naziste, sono costretti a lasciare l'Europa e a trasferirsi definitivamente a New York. Nel frattempo molte opere della galleria ancora in Germania vengono distrutte, e la loro casa di Parigi è saccheggiata.
A New York Justin non apre la galleria, ma fa della sua residenza il centro della vita culturale e commerciale degli anni del dopoguerra. Continua a mantenere rapporti con gli artisti, acquista e vende opere d'arte, ne seleziona altre per la sua collezione personale. Nel frattempo la sua casa è frequentata dall' elite del tempo, e tra questi frequentatori vi è anche Salomon Guggenheim, fondatore del relativo museo d'arte mderna che porta il suo nome.
Dopo aver sposato la seconda moglie Ilde, nel 1963 Justin decide di donare settantacinque opere al Guggenheim Museum, donazione che farà entrare di diritto le opere in proprietà del museo nel 1978, dopo la sua morte. Altre verrano donate dalla vedova e il museo si arricchisce di una ulteriore donazione per lascito testamentario di Ilde Tannhauser. Il nucleo fondamentale della colleione è ora in mostra a palazzo Reale.
                                                               -Le opere in mostra-
Durante gli anni della loro attività, i Tannhauser hanno organizzato varie mostre dedicate agli impressionisti e ai post-impressionisti. Nelle prime sala troviamo opere di Pierre-Auguste Renoir, come 'Donna con Pappagallino' (1871) e 'Davanti allo specchio', di Edouard Manet (1876), che documentano le immagini della vita della donna nell' 800 in base alla loro classe di appartenenza (borgese la prima, popolare la seconda). Di Edgar Degas, invece, sono presenti sculture in bronzo di ballerine che rievocano le diverse pose dei suoi soggetti preferiti.
Temi della vita agreste, paesaggi rurali sono quelli di George Seurat, realizzati con semplificazione geometrica unita alla divisione dei colori complementari applicati a puntini, tipici della produzione post-impressionista. In mostra, contadini al lavoro e spigolatrici realizzati tra il 1881 e il 1884.
Negli stessi anni, Vincent Van Gogh e Paul Gauguin realizzavano opere dalle linee sinuose e dai colori vivi, memori della lezione post-impressionista, ma filtrati attraverso l'esperienza personale della malattia mentale (Van Ghog) o della ricerca di evasione in paradisi esotici (Gauguin): in mostra, 'Montagna a Saint Remy' di Van Ghog, e 'Haere Mai' di Gaugin.
Paul Cezanne è ben documentato con varie nature morte e il paesaggio della cava di arenaria 'Bibemus' (1894 circa), ove è evidente la semplificazione geometrica delle forme, punto di partenza della ricerca di Picasso e Braque, finalizzata alla scomposizione cubista.
Altro punto di riferimento per i fondatori del cubismo fu l'opera del doganiere Henri Rousseau, che in collezione è presente con 'I Giocatori di football' (1908) e 'Artiglieri' (1903 circa): i suoi soggetti, disegnati in modo naif e ingenuo, pur non ottenendo il plauso della critica del tempo, furono largamente apprezzati dai giovani artisti contemporanei per la presenza della connotazione di genuinità e primordialità, sia formale che cromatica, svincolata dalle rigide regole della rappresentazione classica.
La collezione presenta inoltre lavori di artisti dell' 'Ecole de Paris', come Juan Gris, Robert Delaunay, Andre' Derain, le cui opere risentono grosso modo dell'influsso del cubismo, mentre una sala apposita è dedicata agli artisti che lavorarono in Germania nella ricerca verso l'astrazione: Paul Klee con le sue costruzioni geometriche (del quale i Tannhauser realizzarono la prima grande esposizione in Germania nel 1911), Franz Marc con i suoi colori antinaturalistici applicati a figure reali (in mostra, 'Muca gialla' (1911), Kandinsky con il superamento della realtà attraverso lo studio del colore e dei suoni per rappresentare il mondo della interiorità spirituale (in mostra, 'Montagna blu', 1908 circa).
Di Georges Braque sono presenti varie nature morte cubiste e un paesaggio 'fauve', in dialogo con l'opera cubista 'Paesaggio a Ceret' di Pablo Picasso.

Tuttavia la collezione Tannhauser annovera diversi lavori di quest'ultimo, con opere differenti per stile che rispecchiano varie fasi della sua vita. Se gli inizi del '900 vedono un giovane Picasso affascinato dalla 'Ville Lumiere', Parigi, con le sue luci e i suoi luoghi di ritrovo (es. 'Le Moulin de la Galette' (1900), ove è evidente l'influsso delle opere di Henri De Toulouse-Lautrec), con la rivoluzione cubista la realtà è scomposta in più sfaccettature e ricomposta sulla tela per essere rappresentata sotto molteplici punti di vista (Cubismo Analitico e Cubismo sintetico).
Grazie alla conoscenza iniziata nel 1913 in occasione della prima grande mostra di Picasso alla Galleria Moderna di Monaco, della cui organizzazione si era occupato il giovane Justin Tannhauser, la collezione si è arricchita nel tempo di vari lavori.
L'ultima sala della mostra di Palazzo Reale, infatti, è dedicata alle opere di Picasso caratterizzate dalla varietà di stile. Vi è il ritratto di Fernande Olivier, giovane donna con la quale Picasso ebbe una lunga relazione, ('Fernande con mantiglia nera ', 1905), 'Donna seduta' , degli anni '20 (che documenta il ritorno allo studio della classicità dopo la fase del primo cubismo), nonché il ritratto di Maria Teresa dormiente, ove il cubismo degli anni '30 è influenzato dal surrealismo: la donna è costruita con linee sinuose e avvolgenti, ove spicca il rosa-violaceo della carnagione e il giallo dei capelli. Altra opera che si collega alle vicende biografiche di Justin Tannhauser è il dono di nozze fatto da Picasso alla coppia per le seconde nozze di Justin: “Gatto e Aragosta”, ironico soggetto che vede l'incontro-scontro fra una aragosta e un gatto.
Grazie al lascito Tannhauser, il Guggenheim può presentare al pubblico queste opere che documentano, nel loro variegato insieme, un momento di grandi cambiamenti nella storia dell'arte in direzione della contemporaneità.
La mostra a Palazzo Reale è quindi un' occasione unica da non perdere, per vedere riuniti tanti capolavori d'arte moderna che raramente il Museo Guggenheim di New York fa uscire dalle proprie sale.
Antonio Laviano

martedì 2 aprile 2019

BANKSY 
A VISUAL PROTEST
MUDEC
21 Novembre 2018 - 14 aprile 2019

Il Museo delle Culture di Milano presenta una mostra particolare sulle opere dello street artist Banksy intitolata “A visual Protest - the art of Banksy”.
Si tratta di una esposizione non autorizzata dall'artista che, come è risaputo, non intende far pagare biglietti di ingresso per vedere i suoi lavori, tanto più che le sue opere sono quelle che si possono vedere (lì dove sono rimaste) sui muri delle città nelle quali ha agito.
La mostra è divisa in varie sezioni che esaminano i soggetti e le tematiche di Banksy, oltre ad un documentario realizzato dai due maggiori collezionisti di riproduzioni certificate dall'artista (prestatori di quasi tutte le circa 70 opere presenti.

Banksy è noto per essere uno degli street artist più apprezzati nel mondo dell'arte contemporanea, che ha fatto della tecnica dello stencil un mezzo per esprimere il suo pensiero, nonche' una vera e propria forma d'arte per indentificarlo, nonostante  fino ad oggi non ne sia ancora nota la sua reale identità. In effetti Banksy ha fatto dell'anonimato, paradossalmente, un modo per essere visibile al mondo intero, reale e virtuale. A parlare, più che la sua identità, sono appunto le sue opere. Attraverso di esse Banksy critica i sistemi di potere, il consumismo, il mercato dell'arte, le guerre, ma lo fa in modo ironico benchè incisivo. I suoi soggetti infatti, sono molto popolari ed apparentemente di facile lettura, ma colpiscono a fondo per il sottile significato che emerge ad una analisi più attenta degli elementi che li compongono.
La mostra si apre con la sezione dedicata alla formazione di Banksy, con riferimento al Movimento Situazionista degli anni '60, al movimento Punk degli anni '70 e alla cultura della street art di New York anni '80. Dal primo, Banksy ha mutuato la tecnica del “detournement”, cioè lo stravoglimento di significato di un'opera nota mediante modifica stilistica e semantica della riproduzione della stessa; dalla cultura punk ha ereditato la carica sovversiva e antiborghese del movimento tipicamente british, mentre dal graffitismo della Big Apple anni '80 lo stile dei suoi primi lavori a Bristol (sua città di provenienza).
Si passa alla sezione tematica relativa alla contestazione circa i poteri della polizia, con stampe su carta e tela, litografie e serigrafie che riprendono suoi famosi soggetti come FLOWER THROWER (2003), RUDE COPPER (2003), FLYNG COPPER (i poliziotti con la faccia sostituite dallo smile, 2003), GRANNIES (le nonnine borghesi che lavorano a maglia gilet inneggianti al punk, 2006), ecc. Segue la sezione dedicata ai topi (RAT AND HEART, 2015), simboli e alter -ego dell'artista, considerati veri e propri sabotatori, coloro che in realtà possono sopravvivere anche al disastro nucleare.
Si procede poi con i “Giochi di guerra”, con lavori che criticano il potere dei pochi che lo utilizzano per la distruzione del genere umano (e qui possiamo notare opere famose come BOMB MIDDLE ENGLAND (2002), BOMB LOVE (2003), APPLAUSE (2006), NAPALM (2006); di seguito vi è la sezione dedicata alla critica verso il consumismo e ai comportamenti legati alla bulimia di acquistare e consumare (SALES END TODAY (2017), GOLF SALE( 2003) .
Ma è criticato anche il sistema dell'arte con l'opera MORONS (2006), che ruota attorno a pochi ricchi che possono permettersi di spendere patrimoni per accaparrarsi opere d'arte per la bramosia di possedere, mentre la religione e i super poteri della polizia possono limitare anche la libertà dei bambini (i bambini, infatti, sono soggetti spesso ricorrenti nelle opera di Banksy (JACK AD JILL, 2005;  NO BALL PLAY, 2009) ecc.): con la loro innocenza sono i primi ad essere entusiasmati dai suoi soggetti, ma si fanno anche portatori di messaggi che vanno dritto al cuore (GIRL WITH RED BALLOON, 2004) .
Un prezioso documentario correda l'esposizione, narrando la storia di Banksy, le sue incursioni nei musei di Londra, Parigi, New York, e il suo coinvolgimento finalizzato a sensibilizzare l'opinione pubblica verso problemi di attualità come la guerra in Siria e altre situazioni di disagio sociale.

La visita guidata di Antonio Laviano permette di entrare nell'arte di Banksy e di capire come un anonimo ragazzo di Bristol è riuscito con talento e intelligenza a diventare uno degli artisti più famosi e quotati della street art, pur senza rivelare la propria reale identità.


lunedì 15 ottobre 2018

Visita guidata al PARCO SEMPIONE


Visita guidata al Parco Sempione

La città di Milano offre tanti scorci pittoreschi ove scoprire inaspettate sorprese. Uno di questi è il Parco Sempione.
Il parco nasce nel 1893 nella zona compresa tra il Castello Sforzesco e l'Arco della Pace, progettato dall'ingegnere Emilio Alemagna e realizzato sul modello dei giardini inglesi, con laghetti, viottoli, collinette artificiali. Esso ricopre l'area di circa 47 ettari, che era già zona boschiva sotto i Visconti – Sforza, poi trasformata in piazza d'armi e utilizzata per le esercitazione dei soldati fino all' '800.
Nel frattempo l'area si era arricchita dell'Arena in stile neoclassico, durante il dominio napoleonico (progetto dell'architetto Luigi Canonica, del 1806, ove si tenevamo giochi, manifestazioni circensi e battaglie navali) e anche l'Arco del Sempione (progettato dall' architetto Luigi Cagnola e terminato nel 1838), nato all'inizio di corso Sempione, per celebrare le vittorie di Napoleone Bonaparte, finì per essere intitolato alla Pace, dopo la sua sconfitta e il ritorno degli austriaci sul dominio di Milano.
Ma nel parco si erano anche tenute grandi esposizioni, come quella nata per celebrare il traforo del Sempione, e quella Universale del 1906, ove per l'occasione era stato realizzato in stile Art Nouveau il Padiglione dell'Acqua, progettato da Sebastiano Locati, parzialmente distrutto dai bombardamenti del '43, successivamente ristrutturato e trasformato in acquario civico.
Nel 1933, in occasione della "Esposizione Triennale delle arti decorative industriali e moderne" (nata come Biennale a Monza nel 1923, su idea di Guido Marangoni), veniva costruito per l'occasione il Palazzo dell'Arte, progettato da Giovanni Muzio e regalato alla città grazie alla donazione del senatore Antonio Bernocchi.
Il palazzo, da quel momento sede di tutte le esposizioni Triennali, fu costruito come un grande parallelepipedo dotato di due ingressi (uno monumentale, su viale Alemagna; l'altro con porticato che affaccia sul parco), costruito con mattone clinker e granito di Baveno, dotato di finestre a nastro, tetto con copertura a sheds,  stile di compromesso tra l'architettura industriale e il monumentalismo di ispirazione classica dell'epoca compresa tra le due guerre (scalone interno e salone delle cerimonie). La direzione artistica fu affidata a Gio' Ponti e Mario Sironi, per celebrare in grande la nuova Triennale, e nel parco per l'occasione erano state allestite una trentina di strutture architettoniche provvisorie come possibili modelli di case contemporanee.
Da allora, con cadenza grossomodo Triennale (salvo interruzioni a causa della Guerra e per le contestazioni sessantottine), le manifestazioni continuano ancora oggi, sono curate dalla Fondazione Triennale e nel Palazzo dell'Arte è stato istituito anche il Museo del Design.




Durante la X Triennale (1954), viene costruito il Padiglione della Cementeria Merone, in forma circolare con tetto a chiocciola in stile origami, da Parisi -Longhi- Antonietti.
Realizzato in cemento armato e vetro, è posizionato sulla collinetta del cosiddetto “monte Tordo”, in sostituzione di un padiglione liberty non piu' esistente, ed oggi ha funzione di biblioteca.
Si sviluppa circolarmente attorno alla scultura astratta di Francesco Somaini, ed è decorato con i lavori a bassorilievo di Mario Radice, Bruno Munari, Umberto Milani, ad esso contemporanei.
A poca distanza della Biblioteca vi è la scultura tardo ottocentesca di Francesco Barzaghi di Napoleone III a cavallo, su un basamento con i nomi dei soldati francesi caduti in guerra durante le battaglie per la liberazione del regno lombardo-veneto.
Altra costruzione del periodo è il Bar Bianco, nato su progetto di Riccardo Griffini, inizialmente nato per la distribuzione di latte della Centrale del Latte di Milano, per i bambini frequentatori del parco. In cemento amato e pietra, oggi conserva la funzione di bar.
Nel parco però sono presenti anche alcune opere del progetto “Contatto Arte-Città”, realizzate in occasione della XV Triennale del 1973. Il progetto, guidato da Giulio Macchi, ha visto la collaborazione di una quindicina di artisti. Tra questi Arman, De Chirico, Burri, Roccamonte, dei quali è possibile ammirare (e sperimentare) opere in situ.
Il progetto presupponeva la realizzazione di opere create con materiale di produzione industriale (ferro, cemento, alluminio ecc.) con lo scopo di coinvolgere anche i cittadini di Milano nella fruizione delle stesse. Quasi tutte realizzate nel parco, poche di queste sono sopravvissute.
Ci si puo' accomodare su "Accumulazione musicale con seduta", di Arman: si tratta di una struttura a gradoni in cemento ove sono inserite sedie di ferro, che rappresenta la postazione degli strumentisti di una orchestra; il podio del direttore d'orchestra invece è un parallelepipedo di cemento nel quale sono inserite sezioni di strumenti musicali a fiato o stampate nel cemento.
Nel parco della Triennale invece troviamo i "Bagni Misteriosi" di Giorgio De Chirico. Opera pinto-scultorea in pietra di Vicenza, rappresenta un soggetto della metafisca dechirichiana, con bagnanti, cabine, una piscina con fondo decorato tipo parquet di legno a spina di pesce, un cigno e un pesce.
Di Giorgio Roccamonte è presente una struttura in cemento intitolata “Chiosco scultura”, che rappresenta i suoi tipici personaggi-robot, in questo caso uniti a formare una specie di chiostro.
Nel 2015 è stato ricostruito il Teatro Burri, altra opera del '73 (un palco in cemento armato sopraelevato da terra, con sei quinte in acciaio bianche e nere, alte sei metri ove ognuno puo' diventare estemporaneo protagonista e spettatore), realizzato su progetto di Alberto Burri, ma distrutto nel 1989.
A poca distanza da queste opere e' possibile ammirare il Ponte delle Sirenette, progettato dall'ingegnere Francesco Tettamanzi con figure modellate da Benedetto Cacciatori, realizzato tra il 1840-42, primo ponte in ghisa di Milano, una volta presente sul Naviglio di Via Visconti di Modrone; alla copertura dei navigli nel '30, fu accorciato e posto sul laghetto nel parco Sempione.
In occasione della Triennale del '33 venne costruita anche la Torre del Parco, progettata da Gio' Ponti e Cesare Chiodi, in tubi di acciaio Dalmine imbullonati, alta piu' di 107 metri: dotata di un belvedere al quale si accede mediante ascensore, da lì è possibile ammirare il panorama della città di Milano. Ristrutturata grazie al contributo della Società Fratelli Branca, storica azienda di produzione del famoso liquore Fernet Branca, oggi la torre è di nuovo visitabile.
Si conclude cosi' la visita guidata al Parco Sempione con la salita mozzafiato sulla Torre Branca, per godere anche dall'alto delle meraviglie che sa offrire Milano.

lunedì 21 maggio 2018

Mostra FRIDA KAHLO

FRIDA KAHLO 
"Oltre il mito"
1 Febbraio - 3 Giugno 2018
MUDEC Milano

Dal 1 febbraio al 3 giugno 2018 il Museo Delle Culture  di Milano presenta una interessante mostra dedicata alla pittrice messicana Frida Kahlo. La mostra, costituita da circa 200 opere fra disegni, fotografie, dipinti su tela (tra i quali 50) del museo Dolores Olmedo e dalla collezione Jacques e Natasha Gelman intende ripercorrere la carriera dell'artista attraverso tematiche legate indissolubilmente alla sua vita, alla sua storia di donna, di attivista politica, di artista della prima metà del XX secolo.
La mostra è organizzata per aree tematiche.
Si apre con la sala dedicata alla storia di Frida come Donna artista. In essa sono presenti i lavori di ricerca di uno stile proprio attraverso disegni, ritratti di amici e parenti e autoritratti. L'autoritratto è alla base dell'arte di Frida Kahlo. Attraverso l'autoritratto indaga sé stessa, il mondo delle sofferenze fiische e interiori, il rapporto complesso con il compagno Diego Rivera, compagno di vita, nell'arte e nell'impegno politico.
La seconda sala è dedicata alla tematica della Terra: Frida è profondamente legata alla sua terra, il Messico: rivaluta le radici precolombiane alla ricerca di una identità genuina che adotta anche nel look; realizza nature morte con piante e frutti tipicamente messicani; recupera miti e divinità della cosmogonia azteca facendola diventare parte del suo mondo e componente fondamentale della sua biografia. Tutto ciò le permette di distinguersi e di creare un personaggio che riporta l'attenzione verso la sua arte. L'abbigliamento ispirato a quello delle donne della regione di Teuantepec, i monili di ispirazione azteca e maya, la riscoperta delle radici indigene e la collezione di reperti archeologici precolombiani costituirenno elementi che le permetteranno di creare un percorso stilistico originale e personale, unico e non confondibile con altri stili o correnti pittoriche.
In questa sala quindi sono presenti una serie di nature morte che, a partire dagli anni '50, quando per Frida diventa sempre piu' difficile dipingere, costretta a stare a letto a causa del peggioramento delle sue condizioni di salute, andranno a sostituire l'autoritratto (“Noci di cocco in lacrime”, 1951).
Frida studia la cosmogonia azteca facendosi portatrice di una religiosità laica che attinge però anche ad elementi della religione cattolica del Messico ispanico. Gli autoritratti “come Tehuana” (1943), la “Colonna spezzata” (1944), il “Cervo ferito”( 1945) , “Autoritratto con collana di spine e colibri” (1940), mischiano elementi e simbologie delle due culture e delle due religioni, reinterpretate alla luce della propria esperienza personale di sofferenza, per la salute sempre cagionevole (oltre trenta operazioni chiururghiche subite nel corso della vita) e per il rapporto tempestoso con Diego, fatto di liti, separazioni e due matrimoni (1929 e 1941).
Gli anni '30 e '40 vedono Frida uscire al di fuori dei confini del Messico, facendo conoscere la propria arte a New York e Parigi (le due “capitali dell'arte moderna”), entrare in contatto con i Surrealisti (per poi prenderne subito le distanze), continuare a combattere per l'affermazione individuale come donna, contro le convenzioni dell'epoca, assumendo carattere e atteggiamenti liberi, indipendenti, anticonformisti e per l'epoca trasgressivi.
Frida però è anche attivista politica, e il messaggio politico verso la libertà e l'indipendenza filtra attraverso i suoi lavori: la terza sezione della mostra è dedicata a questa tematica.
Un video girato a Casa Azul, residenza della coppia e oggi Museo Frida Kahlo, mostra il rapporto tra Diego e Frida, che lei considerava il suo “Universo”, il suo “Tutto”, con costante riferimento nelle sue opere (“Diego nella mia mente” (1943), “l'Abbraccio d'amore dell'Universo, la Terra (Messico), Diego, io e senor Xolotl” ( 1949), “Ritratto di Diego Rivera”) ed è presente anche un disegno di Diego Rivera che ritrae Frida Kahlo.
Parte di rilievo della mostra è costituita dalle fotografie che documentano visivamente il percorso biografico dell'artista, mentre la sezione finale è dedicata alle ultime opere. Su una toccante pagina del diario Frida disegna i suoi piedi staccati dal corpo, posti su una base come dei trofei: non le servono piu' per camminare perchè ha la fantasia per volare. L'operazione alla spina dorsale non riuscita (che la obbliga a portare un pesante busto di metallo) nel '46, l'amputazione della gamba destra (sostituita da una protesi) nel '53, la segnano fortemente.
Dopo aver presenziato alla sua grande personale di pittura a Città del Messico, ove si fa trasportare a letto, che costituisce la sua ultima uscita pubblica e “performance” finale ante litteram,costantemente depressa viene trovata morta per embolia polmonare il 13 luglio del 1954, all'età di 47 anni, non escludendosi però il suicidio.

L'ultima sala presenta una documentazione fotografica del bagno dell'artista in Casa Azul, interdetto al pubblico di visitatori del museo Frida Kahlo, che mostra protesi, grucce, busti, stampelle bendaggi e strumenti della sofferenza vissuta da questa artista sempre pronta a combattere contro il proprio
avverso destino ( “Maschere (Charma)”, 1944).
Antonio Laviano ripercorre la vicenda artistica ed esistenziale di questa donna con grande pathos e coinvolgimento degli spettatori, con una visita guidata avvincente e di forte impatto emotivo, richiamando con l'abbigliamento lo stile e il lavori dell'artista messicana, oggi icona indiscussa dei tempi moderni.

mercoledì 2 maggio 2018

Bubble Flowers T-shirts performance



BUBBLE FLOWERS in Black and White
performance 1 & 2 -




Ho usato la Bubble Flowers T-shirt che ho creato, per una performance particolare.
Lo scopo era di stimolare il pubblico e vedere come reagiscono le persone davanti alla creazione nel momento in cui sono stimolati i sensi, cioè la vista, il tatto, il gusto.
L'ho indossata all'inaugurazione della mostra su "Domus e Giò Ponti", in Galleria Sozzani Corso Como 10, in occasione della Design Week 2018. 
Ho portato con me un barattolo decorato con etichetta personalizzata che richiama la mia T-shirt, contenente marshmellows del colore delle sfere di plastica cucite sulla maglia, e li ho distribuiti all'inaugurazione.

Le persone si avvicinavano incuriosite dall'eccentricità della maglia e ingolosite dai marshmellows, facevano domande, toccavano le sfere, sorridevano, prendevano la caramella zuccherosa, interagivano con me e tra di loro. Quindi l'opera, quando stimola i sensi, è capace di creare sensazioni, emozioni, legami, comunicazione, relazione.
Qualcuno ha chiesto le sfere suonavano, quindi per quanto silenziose, potenzialmente la Bubble Flowers T-shirt avrebbe stimolato anche l'udito. 

Ho ripetuto la performance, creando un'altra T-shirt piu' semplice, versione bianca, con meno sfere, per il cocktail party del vernissage della piccola mostra temporanea dedicata al genio e alla creatività di Elio Fiorucci.
Anche in questo caso la T-shirt, sulla quale erano applicate le sfere in modo da creare quattro fiori, era del tutto adeguata all'evento, richiamando sia il nome, sia la filosofia pop alla base della creatività di Elio Fiorucci.
Ho distribuito i marshmellows e la reazione è stata identica alla performance in galleria Sozzani. In piu', l'atmosfera festosa, gli ambienti dedicati alla storia di Elio Fiorucci, gli oggetti, accessori e capi d'abbigliamento “plasticosi” e colorati, hanno contribuito alla buona riuscita della performance.

mercoledì 25 aprile 2018

SWATCH - Time to Art

SWATCH - TIME to ART

Per festeggiare i 35 anni dalla sua fondazione, la Swatch, celebre per i suoi famosi orologi lanciati sul mercato nel 1983, ha ideato una manifestazione intitolata TIME TO ART che invita il pubblico a prendervi parte attiva.
A Milano si e 'tenuta dal 5 al 13 aprile 2018 in via Montenapoleone, ove è stato aperto il primo negozio Swatch.
La manifestazione mette in evidenza il legame della Swatch con il mondo degli artisti e designer, che da sempre collaborano per l'immagine di questi iconici orologi: vengono proposti per l'occasione alcuni swatch in numero limitato, realizzati da artisti di fama internazionale (Ugo Nspolo, Alessandro Mendini, Paola Navone, MassimoGiacon ecc. ecc.), e messi in esposizione Maxy-Swatch decorati da studenti dell'Istituto Europeo del Design; gli astanti pure sono invitati a decorare un Maxy Swatch bianco in bella vista. 

Inoltre, per tutta la durata dell'evento, in via Montenapoleone è possibile visitare due spazi appositamente allestiti. Sono due ambienti in plexiglass: in uno è presente l' istallazione surreale dell'artista Stefano Ogliardi Badessi, nell'altro invece è istallato l'estemporaneo studio fotografico dell'artista Xepo WS, che invita i passanti a farsi immortalare con uno swatch al polso per far parte del progetto Faces of Milano. Tra tanta gente nota e meno nota, le cui foto vengono esposte a vista, è presente un mio ritratto, e poi l'anteprima di una mia creazione: la Bubble Flowers t-shirt.
Ho ideato questa T-shirt che è un'opera plastica, una “scultura da vestire”, colorata, pop, allegra e che ben si adattava alla filosofia di base degli orologi swatch. In realtà eran piu' di due anni che meditavo di craere un'opera con le sfere di plastica e di indossarla. Una volta realizzata, l'ho fatta vedere a Xepo WS che è stato molto contento di immortalarla per il progetto Swatch “Volti di Milano”.

(..continua nel post successivo BUBBLE FLOWERS in Black and White)

venerdì 12 gennaio 2018

mostra Toulouse Lutrec
Palazzo Reale Milano

Palazzo Reale, dal 17 ottobre 2017 al 18 febbraio 2018, presenta la mostra dal titolo “Toulouse Lautrec – il mondo fugace”.
Si tratta di una esposizione monografica di circa 250 opere di Toulouse Lautrec, prevalentemente di provenienza dal Museo Toulouse Lautrec di Albì, che ripercorre l'intera carriera dell'artista, morto precocemente all'età di circa 37 anni.
Nato ad Albi, nella Francia meridionale, nel 1864 da genitori provenienti da due delle famiglie nobili piu' antiche ed illustri di Francia, Henry de Toulouse-Lautrec matura il proprio talento artistico a contatto con il mondo di Montmartre, che dalla seconda metà dell'800, comincia a diventare uno dei quartieri del divertimento più apprezzati e famosi di Parigi.
La mostra si apre con un percorso fotografico-biografico dell'artista, mettendo in evidenza anche l'uso della fotografia non solo quale strumento d'ausilio per la sua produzione artistica, ma anche quale mezzo per farsi immortalare in varie pose e costumi, evidenziandone il carattere ironico e giocoso, che caratterizzera' anche parte delle sue opere.
La sala dedicata ai lavori iniziali è anche tematica: infatti ha ad oggetto quadri, disegni e litografie con cavalli e cani, primi soggetti di interesse e indagine grafico-pittorica, che saranno presenti in tutta la carriera (es. 'Il fantino' (1898));
seguono poi ritratti di impostazione accademica, eseguiti nel periodo dell'apprendistato presso gli studi degli artisti Bonnat e Cormon(1882 -'86), ma anche lavori della produzione piu' matura, ove Toulouse Lautrec ha ormai raggiunto padronanza di stile e notorieta' (ritratti di dandies e amici), con particolare interesse verso la figura femminile dai rossi capelli (Carmen, Jean Avril).
La mostra prosegue con il mondo dei cabaret e dei cafè-concerto di Montmartre, con i suoi protagonisti immortalati nei manifesti che hanno dato fama a Toulouse Lautrec, agli artisti che vi si esibivano (la Goulue, Jean Avril, Cadieux, Aristide Bruant, May Belfort), e ai locali stessi (Moulin Rouge, Eldorado, Mirliton). Viene messa in evidenza la portata innovativa nella grafica di Lautrec che, attraverso un raffronto con le stampe giapponesi, fonte di ispirazione e impostazione strutturale delle opere stesse, provvede ad innovare l'arte litografica pubblicitaria.
Altre sale monografiche sono dedicate alle soubrette Yvette Gilbert e alla ballerina americana Loie Fuller (quest'ultima vero simbolo dell'ArtNouveau, con la sua danza serpentina, riprodotta in un cortometraggio dei fratelli Lumiere), al pari ritratte da Lautrec con la sua caratteristica linea sintetica, efficace, ironica ma avanguardistica.
L'interesse di Toulouse Lutrec si volge al teatro, e in mostra vi sono diverse litografie che rappresentano momenti e scorci di questi ambienti, con ritratti di attori in scena o in costumi tipici (Marcelle Lender è la sua musa del periodo).
Segue l'esposizione di litografie ed opere a olio dedicate alle ragazze delle case chiuse, pensate e realizzate nel periodo in cui Lautrec viveva e lavorava a fasi alterne nei bordelli per frequentatori agiati (1892 -96), e coronata dall'album “Elles”: per questa raccolta di 11 litografie a tema, egli si ispira, nella ideazione, alle stampe erotiche giapponesi di Utamaro, ambientate nelle “Case verdi” del quartiere di piacere di Edo (in mostra, una saletta è dedicata a queste ultime).
Varie litografie poi hanno ad oggetto altri temi verso i quali Lautrec ha avuto interesse (es. l'album di litografie con disegni ispirati a canzoni popolari).
La mostra si chiude con una raccolta di manifesti: creati per altre collaborazioni (riviste, case editrici, concorsi, ditte di produzione di articoli sportivi, litografici e fotografici) e realizzati al culmine della carriera, costituisco il testamento grafico di un' artista che, pur appartenendo al mondo ottocentesco, si proietta nella modernità novecentesca, prima di morire per complicazioni dovute all'alcolismo e alla sifilide nel 1901.

Antonio Laviano esegue la visita guidata interpretando sotto forma di “tableau vivent” i vari personaggi ritratti da Lautrec, trasformando la stessa in un vero e proprio show, nello spirito della mostra e del carattere dell'artista.



giovedì 6 aprile 2017



Mostra Keith Haring

About Art

Milano, Palazzo Reale
21 febbraio – 18 giugno 2017



Torna a Milano, dopo piu' di dieci anni dall'ultima mostra, una retrospettiva dedicata a Keith Haring, con circa 110 opere che esaminano un aspetto particolare della sua arte: cioè la presenza, in alcune di esse, di miti ed archetipi appartenenti a tutti i tempi.
La mostra vuole evidenziare come Keith Haring sia stato il continuatore di una tradizione della storia dell'arte, e non solo il creatore di immagini popolari piene di colore, gioia di vivere, con le quali il suo lavoro viene spesso identificato.

Keith Haring nasce nel 1958 a Reading e cresciuto a Kuztown in Pennsylvania, in una famiglia della middle-class americana. Primo di quattro figli, si fa notare per la particolare abilità nel disegno, che pensa di coltivare iscrivendosi, dopo la High School, ad una scuola di grafica pubblicitaria a
Pittsburgh. Tuttavia, dopo aver scoperto analogie tra i suoi disegni astratti e quelli di Pierre Alechinsky, abbandona la scuola di grafica e nel 1978 si trasferisce alla School of Visual Art di New York. Nella “Big Apple” scopre l'arte dei grafftisti e dopo aver abbandonato le forme astratte, nel 1980 comincia a farsi
conoscere disegnando sui muri e sui pannelli della metropolitana i suoi soggetti particolari, tra i quali il cane dal muso squadrato e il “bambino radiante”, che diventa la sua firma. Nell' 82 tiene la sua prima grande mostra presso la galleria di Tony Shafrazi e da quel momento comincia a farsi conoscere dal grande pubblico. Tiene diverse mostre anche in Europa, entra in rapporto con Andy
Warhol diventandone amico, porta sui muri e nelle opere delle esposizioni private il suo vissuto personale, la sua concezione della vita e la contemporaneità delle strade di NewYork. Il suo è un linguaggio che rielabora i pittogrammi e i simboli delle culture primitive, egizie, azteche, maya, tribali, filtrate attraverso la componente narrativa dei cartoon e rielaborate con una linea grafica mutuata dal fumetto. Il suo scopo e' di rendere la sua arte accessibile a tutti. A questo proposito apre il Pop Shop di New York nell'86, e quello di Tokyo nell'88, per consentire a tutti di acquistare a prezzi economici oggetti e t-shirts con i suoi soggetti. Tuttavia l'Aids stronca la sua giovane vita e muore nel 1990 all'età di 31 anni, dopo aver costituito una fondazione che porta il suo nome, attualmente diretta dalla sua segretaria personale, Julia Gruen.

La mostra è tematica e non cronologica, divisa in sezioni che si aprono con la concezione di Keith Haring come umanista, che mette l'uomo e la vita al centro della sua opera;

prosegue con la sezione dedicata ai “miti e archetipi” rielaborati da Keith (la “gorgone”, il “vitello d'oro”, l'”arpia”, la “lupa capitolina”, il “centauro”, il “cinocefalo”) attraverso un confronto tra opere d'arte classiche e suoi lavori nei quali emerge la citazione;

esamina poi il rapporto con la religione, il sesso, la malattia, la gioia di vivere, la morte, realizzati attingendo ad un “immaginario fantastico”, oggetto di altra sezione e prosegue con l' “etnografismo” (influsso delle culture appartenenti ad altre etnie sul suo lavoro);

si apre poi la sezione che esamina il rapporto con la cultura post-moderna e la citazione/confronto con artisti moderni (Dubuffet, Pollock, Picasso, Mondrian, Leger), e si conclude con quella che richiama l'influsso dei “cartoon”.

L'ultima sala è dedicata alle video-performances e alla documentazione sul modus-operandi di Keith nelle stazioni della metropolitana di New York, con video e pannelli espositivi disegnati all'epoca
della loro realizzazione.

La visita guidata di Antonio Laviano, originale e coinvolgente, si apre con una breve performance di break-dance ed electric boogie, eseguita su musica di nastri del periodo; prosegue all'interno della mostra mettendo in relazione le opere anche con ulteriori documenti provenienti da collezione privata esibiti al momento, quali copertine di dischi, capi di abbigliamento, ecc. (per mettere in evidenza i rapporti e le connessioni tra musica, moda, street-art, e particolarmente con l'opera di Keith Hering) finalizzati a ricostruire il periodo e l'ambiente nel quale Keith Haring ha lavorato; si conclude rivivendo in maniera emozionale gli ultimi momenti di vita dell'artista.





video 1: performance ispirata all'atmosfera delle strade di New York e ai ballerini di breack dance dei quali Keith Haring amava circondarsi mentre realizzava le sue opere e i sui murales;

video 2: con Julia Gruen, amica e assistente di Keith Haring dal 1984, e direttrice dal 1989 della  fondazione da lui istituita a suo nome.